giovedì 1 marzo 2012

Ultima pagaiata di febbraio/ Alessandro/Cesare/Antonio

Oggi l'aria non ha più' la cattiveria dell'inverno, non schiaffeggia , non graffia: accarezza. Mi sto sedendo nell' "acciuga" . E' la solita lotta per cercare un aggancio veloce del paraspruzzi al pozzetto. Le mani hanno una memoria tattile, ma non vedono. L'equilibrio precario genera una gestualita' imprecisa : annaspo un po', tiro di qua, mollo di la' ... alla fine "ci sono".
Quando "i boccaporti sono chiusi" ho la sensazione di fare corpo unico. Mi sento galleggiare e da questo momento ogni mio senso e' teso a capire il mare attraverso quei pochi (molto pochi!!) millimetri di resina e carbonio. Dentro al kayak , pochi passi da riva e sono gia' in alto mare. Dentro di me si muove qualcosa di animalesco, di istintivo: non ho capito se sia un allarme, un segnale di pericolo, o solo un disagio di equilibrio. Mi sento un solido in balia delle leggi fluide di quel liquido. Sotto di me scorrono ondine di sabbia disegnate sul fondale da un designer invisibile. Da quassu' sembrano dune di un deserto viste dall'aereo, geometrie morbide, uguali, precise.





Per riprendere la normalita' di quella nuova dimensione, dovrei esibirmi nella ritualita' dell'eskimo, ma temo di soffrire per il freddo sulla cervicale malandata. Un colpo d'occhio alla posizione degli amici: Cesare mi sta pagaiando sulla dx ed Alessandro a sx fa scorrere la pagaia con un movimento pulito. Si parla del più' e del meno, attorniati dal silenzio di un giorno di mare e di inverno: nessuno , stupendamente nessuno! Il "monte" guarda dall'alto, nell'acqua segni di venti da sud, con quelle vene di sporcizia , firma sconcia della cattiva manutenzione dei depuratori. Orizzonte piatto, cielo pieno di vapori densi e grigi; l' acqua ha una strana trasparenza, un colore anonimo, grigio, con toni di verde . Si pagaia al largo per abbreviare il percorso: a San Fruttuoso ci aspetta un appuntamento con Alessandra e altri 2 amici milanesi. Sono le 11 passate da poco e siamo ancora agganciati al Golfo Paradiso. A me piacerebbe imbarcarmi alle 8.00 e ritornare con le luci di coperta accese. Qualche volta non ritornare e accamparmi da qualche parte dove capita. Dormire un sonno ristoratore e svegliarmi per un cambio di respiro del mare, un ritmo diverso delle onde.
Il mare e' addormentato e lo siamo anche noi ; grazie ad Ale ci accorgiamo del "balun de acioe", che ci e' esploso sotto. Si sta navigando allineati, oggi e' davvero relax! Scivolano gli scafi e l'occhio guarda questo mare che scorre accanto: pacifico, amico, mansueto. In fondo non ci sarebbe nulla di cui essere particolarmente orgogliosi, ma il kayak mi da' la sensazione di fare qualcosa di speciale,di unico. Quello spazio in cui mi muovo schiacciato tra spazi immensi, tra mare, cielo, terra, se da un lato mi minimizza, dall'altro mi fa sentire vivo. La velocita' non esiste e nello stesso tempo mi sento "viaggiare". Andare in kayak riattiva dentro qualcosa di nomade; e'un andare verso un orizzonte mobile, indefinito, che rigenera sempre la curiosita' della scoperta. E' uno spazio che non appartiene a nessuno, ma ha un tiranno che lo governa: il mare. Credo che sia questa la ragione, che mette dentro al pagaiare l'eroicita' della conquista, la soddisfazione dell'impresa. Il Sirius affonda la sua prua tagliente e il Baidarka a dx sembra più' sull'acqua ; la sua prua con il naso all'insu' non l'ho mai amata particolarmente, ma e' diventata un segno di onda, la presenza rassicurante di un amico. Il battello di servizio passa tra noi e la costa: siamo parecchio al largo. Anni fa mi avrebbe dato pensiero, oggi quasi quasi mi rassicura: nella vita si cambia.


Mi piacerebbe incontrare i delfini. Il mare ha un aspetto di quei giorni tranquilli, dove tutto e' immobile e...all'improvviso...!! Qui da noi ci vuole un bel po' di fortuna...e oggi non sara' il giorno giusto. Il mare non cambia dopo Punta Chiappa: cosa insolita. Tiriamo sempre dritti, lasciando il"ricamo della costa" al ritorno... Finalmente ci siamo: la torre genovese diroccata, l'insenatura profonda, quattro casine da presepe e incastonata sul fondo l'abbazia di San Fruttuoso. Mi sorprende la gente che bivacca sulla spiaggia: un po' di tiepido e ...si ricomincia... Ci sono Alessandra, Sonia e Andrea: si chiacchiera, si mangia qualcosa, si "salotta"... Ma non tutti sanno stare tranquilli ed io voglio farmi un po" di eskimi, appoggi e poi fare qualche salvataggio. Cesare si presta al gioco e si riveste anche lui; con due in acqua , alla fine arriva anche il terzo. Il ritorno e' movimentato da qualche sfuriata iniziale e rallentato dall'incanto di una sosta davanti a Camogli. Stiamo in contemplazione assoluta di un mondo vestito di luce, sole e bellezza. Il rito della sosta lo abbiamo perso e lo dobbiamo riconquistare. Quei pochi minuti a fare "zattera", hanno l'intimita' dei naufraghi attaccati allo stesso legno. Ci si sente "gruppo", meno vulnerabili ed improvviso arriva un senso di rilassatezza, con i primi segni di stanchezza. L'arrivo a terra non e' mai "speciale". E' un porre la parola fine ad una giornata speciale, come questo scorcio di febbraio, che ci vuole far dimenticare la neve e il freddo del suo esordio. Ciao!
Antonio Colantuoni