venerdì 11 ottobre 2013

Occhi al cielo

L'uomo contemporaneo si sveglia spesso in appartamenti affossati in mezzo a mille altri appartamenti, sovrastati da muri, finestre, terrazzi. Chiuso dentro ad un bozzolo di cemento, con vista su altro cemento, l'homo contemporaneus non riesce a vedere che un piccolo spicchio di cielo. Si infila in auto e li' dentro si muove come automa, frullato da un ansiogeno caos di immagini e altri oggetti in movimento disordinato. La concentrazione del cosciente azzera le sensazioni profonde e benefiche dell'inconscio.

Chi al mattino si sveglia e si ferma a guardare il cielo e' un privilegiato.
Alzare gli occhi al cielo e disarmare l'attenzione da quello che ci sta attorno, perdersi in quel vuoto pieno, aggirare le nuvole, osservare il volo degli uccelli, azzerare le distanze seguendo la linea dell'orizzonte.... fa bene.

In autunno il cielo e' pieno di fretta, un inseguimento di piume e di nuvole. Tutti hanno voglia di fare qualcosa, chi partire, chi arrivare e scaricare pioggia sulla terra. Peccato per quelle striature degli aerei, che sezionano lo spazio visivo. Il cielo più' bello e' quello senza intrusi.

Quando pagaiamo abbiamo gli occhi tra cielo e mare. Dentro si aprono sensazioni profonde di pacificazione, ci sentiamo migliori. Ci si ascolta e il movimento ritmico delle onde massaggia la mente. Il cielo dall'alto ci guarda e all'orizzonte ci richiama per andare oltre, guardare aldila',come spesso occorre fare nella propria vita.

Stamane il mio cielo aveva dei protagonisti affannati: gli storni.

Con voli improvvisi, planate, cabrate, atterraggi frenetici raccontavano la loro fretta di andare. La democrazia volatile fa prove di eccellenza e con questa sorta di test, alla fine si aggregano i gruppi guida, quelli più' resistenti, veloci, forti, che faranno da testa pensante dello stormo. Saranno i leader a stabilire la direzione e le tappe, mentre gli altri faranno da seguito. Lo stormo incomincera' la sua avventura precaria e prendera' sagome isteriche, mobili, generate da chi frena e chi accelera, chi corre e chi non ce la fa e perde quota. Le forme liquide degli stormi mi hanno sempre affascinato. I migliori davanti, i più'forti subito dietro e tutti uno sull'altro pur di stare li'. Volano uno sull'altro, coperti uno dall'altro sentendosi al sicuro dai predatori.
Quel volo tra migliaia di compagni deve essere fantastico. In mezzo a loro il folle frullio fa' il rumore di un motore ad ali. Il mondo da lassu' e' fatto da millimetri di distanza tra piume che si accarezzano .

Il cielo un attimo fa affollato di storni in migrazione adesso ritrova la sua assenza celeste. Il sole radente stiracchia i suoi raggi arancione sulla campagna fumante. Mi aspetta il caffè' e poi anche la mia giornata prendera' il suo corso, verso il suo orizzonte.


Testo by Antonio

domenica 6 ottobre 2013

U peccettu

Lui e' furbetto, frulla tra i cespugli, si nasconde tra le foglie. A breve saranno un labirinto di rami spogli,aggrovigliati da chissa' quali regole. Il pettirosso annuncia la stagione del freddo e del buio. E' un batuffolo di piume, un ambasciatore cui nessuno da' credito. Eppure finche' se ne sta qui, la primavera non si riscalda e quando arriva, si tira dietro le correnti fredde del nord. "U peccettu", in genovese, e' carino, simpatico, coraggioso, curioso e non disdegna  la nostra compagnia, anche se ama starsene nascosto. Sarebbe un'ombra invisibile, se non cadesse nell'inganno del suo carattere possessivo , territoriale, che lo spinge a rivelarsi con una cantilena simile ad una serie di piccoli schiocchi secchi. Oggi era tiepido nonostante lui, ma sono sicuro che il freddo stia acquattato qui vicino da qualche parte. Speriamo che le Alpi reggano i primi urti e con gli Appennini resistano alla tentazione di coprirsi di bianco. Peccato, quel mare tiepido invitava agli eskimi e a restarsene bagnati senza bisogno di giacche , dry suit.... Peccato, la primavera 2013 non si e' vista e l'estate finira' tra i ricordi di una stagione particolarmente breve, dove tutto si e' risolto in poche settimane di caldo intenso. Adesso ritorneranno le giornate corte, le luci radenti e il mare chiudera' il suo sipario, rendendosi scuro e impenetrabile. Arriveranno onde colossali, alte, rotonde, potenti, spinte da venti invisibili, violenti, lontani. Ci saranno rincorse di nuvole, di pioggia e i nostri kayak perderanno l'aspetto ludico dell' estate. Ritorneranno quel piccolo natante nato dall'estremo bisogno e dal genio degli Inuit . Buon divertimento a tutti e benvenuto a tutti i pettirossi d'Italia.

Testo by Antonio

giovedì 1 marzo 2012

Ultima pagaiata di febbraio/ Alessandro/Cesare/Antonio

Oggi l'aria non ha più' la cattiveria dell'inverno, non schiaffeggia , non graffia: accarezza. Mi sto sedendo nell' "acciuga" . E' la solita lotta per cercare un aggancio veloce del paraspruzzi al pozzetto. Le mani hanno una memoria tattile, ma non vedono. L'equilibrio precario genera una gestualita' imprecisa : annaspo un po', tiro di qua, mollo di la' ... alla fine "ci sono".
Quando "i boccaporti sono chiusi" ho la sensazione di fare corpo unico. Mi sento galleggiare e da questo momento ogni mio senso e' teso a capire il mare attraverso quei pochi (molto pochi!!) millimetri di resina e carbonio. Dentro al kayak , pochi passi da riva e sono gia' in alto mare. Dentro di me si muove qualcosa di animalesco, di istintivo: non ho capito se sia un allarme, un segnale di pericolo, o solo un disagio di equilibrio. Mi sento un solido in balia delle leggi fluide di quel liquido. Sotto di me scorrono ondine di sabbia disegnate sul fondale da un designer invisibile. Da quassu' sembrano dune di un deserto viste dall'aereo, geometrie morbide, uguali, precise.





Per riprendere la normalita' di quella nuova dimensione, dovrei esibirmi nella ritualita' dell'eskimo, ma temo di soffrire per il freddo sulla cervicale malandata. Un colpo d'occhio alla posizione degli amici: Cesare mi sta pagaiando sulla dx ed Alessandro a sx fa scorrere la pagaia con un movimento pulito. Si parla del più' e del meno, attorniati dal silenzio di un giorno di mare e di inverno: nessuno , stupendamente nessuno! Il "monte" guarda dall'alto, nell'acqua segni di venti da sud, con quelle vene di sporcizia , firma sconcia della cattiva manutenzione dei depuratori. Orizzonte piatto, cielo pieno di vapori densi e grigi; l' acqua ha una strana trasparenza, un colore anonimo, grigio, con toni di verde . Si pagaia al largo per abbreviare il percorso: a San Fruttuoso ci aspetta un appuntamento con Alessandra e altri 2 amici milanesi. Sono le 11 passate da poco e siamo ancora agganciati al Golfo Paradiso. A me piacerebbe imbarcarmi alle 8.00 e ritornare con le luci di coperta accese. Qualche volta non ritornare e accamparmi da qualche parte dove capita. Dormire un sonno ristoratore e svegliarmi per un cambio di respiro del mare, un ritmo diverso delle onde.
Il mare e' addormentato e lo siamo anche noi ; grazie ad Ale ci accorgiamo del "balun de acioe", che ci e' esploso sotto. Si sta navigando allineati, oggi e' davvero relax! Scivolano gli scafi e l'occhio guarda questo mare che scorre accanto: pacifico, amico, mansueto. In fondo non ci sarebbe nulla di cui essere particolarmente orgogliosi, ma il kayak mi da' la sensazione di fare qualcosa di speciale,di unico. Quello spazio in cui mi muovo schiacciato tra spazi immensi, tra mare, cielo, terra, se da un lato mi minimizza, dall'altro mi fa sentire vivo. La velocita' non esiste e nello stesso tempo mi sento "viaggiare". Andare in kayak riattiva dentro qualcosa di nomade; e'un andare verso un orizzonte mobile, indefinito, che rigenera sempre la curiosita' della scoperta. E' uno spazio che non appartiene a nessuno, ma ha un tiranno che lo governa: il mare. Credo che sia questa la ragione, che mette dentro al pagaiare l'eroicita' della conquista, la soddisfazione dell'impresa. Il Sirius affonda la sua prua tagliente e il Baidarka a dx sembra più' sull'acqua ; la sua prua con il naso all'insu' non l'ho mai amata particolarmente, ma e' diventata un segno di onda, la presenza rassicurante di un amico. Il battello di servizio passa tra noi e la costa: siamo parecchio al largo. Anni fa mi avrebbe dato pensiero, oggi quasi quasi mi rassicura: nella vita si cambia.


Mi piacerebbe incontrare i delfini. Il mare ha un aspetto di quei giorni tranquilli, dove tutto e' immobile e...all'improvviso...!! Qui da noi ci vuole un bel po' di fortuna...e oggi non sara' il giorno giusto. Il mare non cambia dopo Punta Chiappa: cosa insolita. Tiriamo sempre dritti, lasciando il"ricamo della costa" al ritorno... Finalmente ci siamo: la torre genovese diroccata, l'insenatura profonda, quattro casine da presepe e incastonata sul fondo l'abbazia di San Fruttuoso. Mi sorprende la gente che bivacca sulla spiaggia: un po' di tiepido e ...si ricomincia... Ci sono Alessandra, Sonia e Andrea: si chiacchiera, si mangia qualcosa, si "salotta"... Ma non tutti sanno stare tranquilli ed io voglio farmi un po" di eskimi, appoggi e poi fare qualche salvataggio. Cesare si presta al gioco e si riveste anche lui; con due in acqua , alla fine arriva anche il terzo. Il ritorno e' movimentato da qualche sfuriata iniziale e rallentato dall'incanto di una sosta davanti a Camogli. Stiamo in contemplazione assoluta di un mondo vestito di luce, sole e bellezza. Il rito della sosta lo abbiamo perso e lo dobbiamo riconquistare. Quei pochi minuti a fare "zattera", hanno l'intimita' dei naufraghi attaccati allo stesso legno. Ci si sente "gruppo", meno vulnerabili ed improvviso arriva un senso di rilassatezza, con i primi segni di stanchezza. L'arrivo a terra non e' mai "speciale". E' un porre la parola fine ad una giornata speciale, come questo scorcio di febbraio, che ci vuole far dimenticare la neve e il freddo del suo esordio. Ciao!
Antonio Colantuoni